giovedì 12 maggio 2016

Questo era un Euro-Parlamentare!!!

 

Io ero ancora un giovinotto rampante a Bruxelles. Pieno di speranze ed entusiasmo, respiravo a pieni polmoni l'aria della nuova Europa che stava nascendo davanti ai miei occhi. Il Presidente della Commissione europea era Jacques Delors. Il Mondo stava cambiando, il Muro di Berlino era appena caduto e a Bruxelles si lavorava tutti insieme al grande "Obiettivo 92": la creazione del Mercato Unico europeo"..... I nostri europarlamentari erano due: Andrea Raggio e Mario Melis. Ebbi la fortuna di conoscere personalmente quest'ultimo che, per me e per tanti come me, fu un vero, grande, Maestro!

Ecco uno dei suoi discorsi. Leggetelo sino in fondo.

MARIO MELIS: Intervento al Parlamento Europeo del 13 febbraio 1990

Melis (ARC). – Signora Presidente, noi condividiamo il programma proposto dal Presidente Delors per il fervido impegno volto a realizzare una forte democrazia europea capace di offrire ai cittadini uguaglianza di diritti e di doveri, pari opportunità nel costruire lo sviluppo economico e civile e cancellare dal continente i residui del colonialismo interno, comunque mascherato.
Non possiamo però tacere le preoccupazioni e gli allarmi per l’estrema genericità delle indicazioni programmatiche, l’evanescenza dei soggetti istituzionali e degli strumenti, delle risorse deputate al loro operativo realizzarsi. Al di là delle enunciazioni di principio, infatti, non vediamo quale ruolo possa assolvere il Parlamento per dare ingresso ai poteri reali delle centinaia di milioni di cittadini che lo hanno eletto, né si evince quale sia il ruolo delle regioni, quali le forze emergenti per articolare e organizzare una moderna democrazia nel governo dell’Europa. Ed è evidente che, in questo vuoto, si consolidano i poteri e gli interessi che ancora dividono i popoli e sono all’origine di intollerabili formule di governo, tanto subdole e avvolgenti quanto arroganti e offensive. Il rapporto Nord-Sud, il riequilibrio e la democrazia non si costruiscono con i vecchi strumenti istituzionali, largamente superati e antistorici, quali sono gli Stati, ma chiamando i popoli che li costituiscono a un ruolo protagonista, capace di esprimere la multiforme ricchezza delle diversità creative, originali e irripetibili, in un contesto nel quale la diffusione dei poteri rende improponibile la prevaricazione e apre, per contro, le porte alla solidarietà.
Il nostro gruppo, così come l’Alleanza federalista che qui mi onoro di rappresentare, esprime il pieno consenso ai grandi obiettivi, enunziati dal Presidente Delors, dell’unità politica europea; ma denunzia con eguale fermezza l’insufficiente azione e la politica pavida, conservatrice, del Consiglio, la perdurante emarginazione del Parlamento, frenato e impedito nei suoi essenziali compiti decisionali e di controllo democratico.
Tutto ciò determina una profonda debolezza politico-istituzionale della Comunità, costretta ad assistere al grandioso emergere di forze che stanno scrivendo un nuovo ed esaltante corso della storia, di cui sono protagonisti – certo – i popoli, ma giudici supremi e garanti Stati Uniti e Unione Sovietica. Ma problemi quali la riunificazione tedesca, di per sé legittima e auspicabile nel contesto dell’Europa federale e unita, non possono esaurirsi nelle trattative fra le due Germanie e fra queste e la Casa Bianca e il Cremlino: debbono, piuttosto, veder protagonista determinante la Comunità, l’istituzione rappresentativa dei popoli che, per le ideologie espansionistiche e razziste della «grande» Germania, hanno sofferto lo sterminio di milioni di vite umane. E ben difficilmente la Comunità potrà assolvere al suo ruolo di polo democratico quale forza di sviluppo dei paesi dell’Est, economicamente stremati da decenni di emarginazione, se prima non risolverà le sue interne contraddizioni, realizzando con maggiore convinzione e più vigorose iniziative il riequilibrio fra regioni ricche e regioni povere e prendendo finalmente coscienza che la Comunità non si articola fra Stati ricchi e poveri, ma fra regioni ricche e regioni povere, sempre più sospinte in un’assurda conflittualità volta a contendersi gli spazi marginali dello sviluppo. Una Comunità così articolata sarà strutturalmente debole, chiusa, senza futuro.
Per concludere, vorrei ricordare il vero, grande interrogativo del nostro domani, peraltro molto prossimo: il Mediterraneo, con i suoi problemi di pace, ma anche con quelli, immani, di forze che, sospinte dall’esigenza di dare risposta alle necessità primarie della sopravvivenza, tendono a trasformare il nostro continente in una comunità multirazziale. Io non so se sarà un bene o un male, ma so che l’avremo determinato noi, facendo mancare ai popoli rivieraschi le necessarie risorse, la solidarietà e l’impegno perché trovino nei loro territori la soluzione di vita, di sviluppo, di crescita civile.
(Applausi dal gruppo Arcobaleno)